HEGEL: LA LOGICA COME MANIFESTAZIONE DELLA LATENZA DELL'ASSOLUTO

Abstract

Version:1.0 StartHTML:0000000228 EndHTML:0000004769 StartFragment:0000002823 EndFragment:0000004733 SourceURL:file://localhost/Users/leonardosamona/Desktop/giornale%20di%20metafisica/Logica.Samon%C3%A0.TRADUCCI%C3%93N.doc Il fallimento degli sforzi umani nel cogliere l’assoluto è il fallimento della teologia cosiddetta “razionale”, ovvero della considerazione di Dio como abbordabile dalla ragione umana. Vi sono due poli che si sono avvicinati pedem aliquantulum con un certo successo a questo mistero: l’estremo della semplicità (Aristotele) e quello della complessità (Hegel). In entrambi i casi ci si trova davanti ad una rassegnazione e ad una speranza: non è possibile dire ciò che l’Assoluto è, e seppure quello che non è, ma solo dire, pace Wittgenstein, l’impossibilità di dire per intero ciò che l’assoluto è/non è. La Logica hegeliana rende esplicita in maniera esaustiva questa impossibilità, che a partire dal suo occultamento consente di lasciar essere o non essere, lasciare che si manifesti in modo affermativo o negativo tutto ciò che sembrava limitarsi a voler essere, semplicemente. Solo che ogni manifestazione implica una riflessione: riflessione che, rinviando su di sé, riflette sull’altro. Considerata in maniera assoluta, questa relatio si dirige verso un mistero che origina al contempo la domanda, ciò che si domanda e colui che domanda, ma che in questa tripla origine resta sempre alle spalle.
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